Unioncamere: far crescere l’empowerment economico femminile per contrastare la violenza di genere

1,3 milioni le imprese guidate da donne

 

Roma, 18 giugno 2025 – Sono oltre 1 milione e 300mila (il 22,2% del totale); in tre casi su quattro operano nel terziario; sono mediamente più piccole per dimensioni e più giovani e sono diffuse soprattutto nel Centro-Sud.

E’ la fotografia delle imprese femminili presentata da Unioncamere nel corso dell’Audizione presso la Commissione bicamerale d’inchiesta sul femminicidio e sul contrasto alla violenza di genere.

 

Le imprese femminili – in crescita dello 0,4% rispetto al 2014 - presentano caratteristiche peculiari. Prevalgono forme giuridiche poco strutturate (il 60,5% delle imprese femminili è costituito da ditte individuali contro il 47,3% delle non femminili). I tassi di sopravvivenza sono leggermente inferiori alla media: a 5 anni dalla nascita ne rimane attivo il 72,3%, contro il 77,3% delle imprese maschili. Nel lungo termine il divario si accentua (sopravvive il 67,5% delle aziende “rosa” oltre i 5 anni, contro 73,1% di quelle a guida maschile). Non hanno un rapporto facile con il sistema del credito.

 

“L’azione di formazione, informazione e mentoring portata avanti dal sistema camerale si configura come un fattore abilitante fondamentale per il successo dell’imprenditoria femminile”, ha sottolineato il vice segretario generale di UnioncamereTiziana Pompei. “Accompagnare le donne nel percorso imprenditoriale – dalla fase dell’idea fino alla crescita su mercati più ampi – significa non solo favorire lo sviluppo economico inclusivo, ma anche dotarle di strumenti di autodeterminazione. Ogni donna che riesce a creare e far prosperare la propria impresa diventa infatti più libera, più autonoma e meno vulnerabile a ricatti o violenze di natura economica. In quest’ottica, investire sulle donne che fanno impresa costituisce a tutti gli effetti una strategia di prevenzione della violenza di genere: promuovere l’empowerment economico femminile equivale a rimuovere alcuni dei presupposti che alimentano le disparità e possono sfociare in abusi”.

 

Una analisi, effettuata da Unioncamere tramite il proprio Centro Studi G. Tagliacarne e la società di sistema Si.Camera, mostra che poco più di un’impresa femminile su tre fa ricorso a finanziamenti bancari (un dato analogo a quello delle imprese maschili). Inoltre, 3 imprenditrici su 4 hanno avviato la propria attività utilizzando esclusivamente capitali personali e familiari, mentre solo circa una su quattro ha fatto ricorso a un prestito bancario per l’avvio dell’impresa (26,9% delle imprenditrici, a fronte di un 22,4% tra gli uomini). Infine, l’utilizzo di strumenti finanziari alternativi o complementari al credito bancario appare estremamente limitato: meno dell’1% delle imprese – indipendentemente dal genere del titolare – dichiara di essersi avvalsa di canali come investitori informali (business angels, venture capital) o piattaforme di microcredito e crowdfunding, segno di un ecosistema finanziario ancora poco diversificato per le piccole imprese.

Questa situazione di basso indebitamento volontario, che indica che le imprenditrici tendono a mantenere un’elevata autonomia finanziaria, può però rappresentare un freno alla crescita.

 

Difficoltà soprattutto di carattere burocratico emergono anche nell’accesso a finanziamento o incentivi pubblici, come mostra l’indagine realizzata nell’ambito del Piano Nazionale Imprenditoria Femminile da Unioncamere – Si.Camera – Centro studi G. Tagliacarne.

Oltre metà delle imprese (maschili e femminili) che hanno usufruito di incentivi segnalano difficoltà nella gestione delle relative procedure: le imprenditrici, in particolare, lamentano come principali barriere la complessità delle pratiche amministrative (indicata da circa 1 impresa su 3 fra quelle che hanno richiesto sostegni) e le tempistiche eccessivamente lunghe per ottenere materialmente le agevolazioni (segnalate da più di un’impresa su 10).

 

Oltre che sul fronte dello sviluppo paritario e sostenibile attraverso l’incremento della cultura d’impresa, Unioncamere è anche impegnata per la cultura della parità, in quanto soggetto attuatore del progetto finanziato dal PNRR sulla Certificazione della parità di genere nelle imprese.

Dopo un inizio in sordina, i numeri descrivono uno scenario in rapida evoluzione e particolarmente vivace: ad oggi le certificazioni rilasciate alle imprese sono 7.960, con un aumento significativo rispetto al 2022 quanto se ne contavano circa un centinaio. Sono state 3.406, invece, le domande complessivamente pervenute dalle Pmi a valere sui due avvisi pubblici presentati da Unioncamere.

Il progetto punta non solo al superamento del gender gap e all’aumento dell’occupazione femminile, e quindi accresce la competitività delle imprese, ma anche alla trasparenza delle imprese e della loro organizzazione. Questo impedisce che discriminazioni, pregiudizi e stereotipi rimangano nascosti e difficili da dimostrare nei casi in cui si voglia far valere i propri diritti.

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Mercoledì 18 Giugno 2025